Il termine “Moxibustione” indica la tecnica di applicazione del calore ai punti di agopuntura.
Si ritiene comunemente che questa metodica sia complementare all’Agopuntura. In realtà la moxa è insita nell’Agopuntura, come dimostra il carattere cinese Zhen Jiu, che, tradotto sbrigativamente come Agopuntura, in realtà significa “Agopuntura” (Zhen) e “Moxa” (Jiu).
L’impiego del calore a scopo terapeutico affonda le sue radici nella storia stessa dell’uomo. Nell’antica Cina trovò largo impiego nelle regioni fredde e umide del nord, mentre al sud, in un clima caldo umido tropicale, si sviluppò maggiormente l’agopuntura semplice. Per l’impiego della moxibustione tradizionalmente viene utilizzata la cosiddetta “lana di moxa”, ottenuta macinando foglie seccate di Artemisia vulgaris, arbusto infestante molto diffuso in Estremo Oriente ed in gran parte dell’Europa. La combustione della moxa sviluppa un calore secco, delicato e gradevole, che da un lato combatte l’effetto del freddo e dell’umidità nelle patologie dolorose, e dall’altro induce un effetto tonificante negli stati di debolezza e di esaurimento.
La tecnica della moxibustione viene effettuata con diverse modalità. Le più usate sono il riscaldamento del punto tramite l’uso dello “stick” di moxa, una sorta di sigarone composto da lana di moxa avvolta in un involucro di carta, che viene acceso ad una estremità e, bruciando senza fiamma, viene avvicinato alla cute, alla distanza di 1,5-2 cm, fino a quando il paziente avverte una sensazione di calore eccessivo. La manovra viene ripetuta più volte, avvicinandosi ed allontanandosi dal punto, per 10-15 minuti.
Un’altra possibilità consiste nel tagliare una “fettina” del sigaro di moxa e apporla direttamente sul manico dell’ago, mantenendola sempre alla distanza consigliata di 1,5-2 cm dalla cute, e, una volta accesa, farla bruciare sempre senza fiamma. Un’altra metodica molto usata è la combustione di uno o più pezzi di sigaro di moxa della lunghezza di circa 5-6 cm dentro un’apposita scatola che viene apposta sulla zona da trattare, dove possono trovarsi già anche gli aghi di Agopuntura.
Altra metodica tradizionale è l’impiego di pezzettini di lana di moxa, definiti “coni” direttamente sui punti da scaldare, con l’interposizione di un supporto che eviti la cauterizzazione della cute. Per questo scopo si utilizzano in genere fettine di zenzero fresco o di aglio, oppure un pizzico di sale grosso nel caso di moxa sul punto in corrispondenza dell’ombelico.
Le patologie che traggono giovamento dalla moxibustione nella pratica quotidiana del medico agopuntore sono: le sindromi reumatiche cronico-degenerative come l’artrosi vertebrale lombare e cervicale, l’artrosi del ginocchio; alcune sindromi algiche acute quali l’epicondilite e il blocco di spalla; alcune patologie internistiche come la diarrea da freddo o la dismenorrea.
La moxibustione, purtroppo, alcune volte viene trascurata dai medici agopuntori occidentali in quanto presenta alcune scomodità quali il fumo, l’odore e la cenere che tendono a sporcare l’ambiente, e il rischio di provocare una scottatura al paziente.